Il cinema hollywoodiano ci ha abituato da sempre alla narrazione da Cenerentola, con il protagonista comparso dal nulla che alla fine del suo percorso riesce a raggiungere obiettivi impensabili. La “origin story” di Abel Tesfaye – in arte The Weeknd – sembra proprio uscita da un film stereotipabile del genere: un passato tormentato con un padre assente, problemi di droga e addirittura un periodo passato da senzatetto intorno ai 17 anni che portano a un presente da artista numero 1 nella – forse un po’ fredda – classifica mondiale di Spotify, con brani da quasi 4 miliardi di ascolti, un halftime show del Superbowl e l’incoronazione a nuovo re del pop, con lo scettro rubato a un certo Michael Jackson a cui paga spesso tributo.
A tutta questa storia si aggiunge un tour mondiale che fa tappa tra ieri e oggi per la prima volta in assoluto in Italia a Milano in un ippodromo La Maura riempito per intero in entrambe le date, andando a contare 160.000 presenze complessive. Essendo una di queste, ho l’onore di potervelo raccontare.
Dopo tre ore abbondanti di macchina e una buona mezz’ora dal parcheggio trovato per restare fuori dal caos alla fine del concerto, riusciamo ad entrare un paio d’ore prima delle band d’apertura senza particolari difficoltà nell’area pit dell’ippodromo, con una temperatura fortunatamente ideale di circa 25 gradi e una leggera brezza di vento, cosa fondamentale in eventi con così tante persone per evitare cali di energia.
Appena arrivato vengo colto di sorpresa dalla struttura totalmente non canonica del palco: uno sfondo di una città fittizia mescolata a palazzi realmente esistenti come la CN Tower di Toronto (la sua città natale) collegata da una lunghissima passerella a una statua argentata di una sorta di cyborg e ad una enorme Luna gonfiata ad aria dopo i set di apertura.
A proposito, nonostante l’indiscussa bravura di pezzi da novanta come Mike Dean e Kaytranada confermata anche ieri sera, il pubblico italiano nei concerti di questo calibro si conferma irrispettoso e per certi versi imbarazzante, addirittura non applaudendo il primo alla fine della sua performance e ignorando il secondo quando in contesti normali potrebbe riempire dei club con capienza da 4/5 mila persone entusiaste di vederlo. Ormai ho smesso di stupirmi, ma ogni volta è un colpo al cuore.
Occorre anche parlare di un problema a metà tra l’organizzativo e il burocratico che ha influenzato la visione dello stesso concerto a molte persone: il tour mondiale già citato è stato fatto ad hoc per essere installato all’interno di uno stadio e sembra ovvio che la location dell’ippodromo sia stata scelta in virtù di un mancato accordo con San Siro. Ciò ha comportato una visione davvero limitata da parte di chiunque non fosse all’interno dell’area pit (che corrisponde al normale parterre di uno stadio), con più della metà delle persone presenti obbligate sostanzialmente a seguire il concerto dai maxischermi installati in posizioni che definire dubbie è riduttivo.
Prima di iniziare il concerto effettivo, per qualche secondo è stato interrotto il chiacchiericcio generale da un suono assordante: per molti era l’inizio, nonostante mancasse ancora una buona mezz’ora. E invece no, perché si trattava di una pubblicità di un marchio di criptovalute che era sponsor dell’evento e uno spottone in bella vista della serie The Idol che vede Abel stesso come attore – serie che onestamente non ho ancora guardato, ma che non ha ricevuto recensioni particolarmente positive da critica e pubblico.
Il concerto però inizia alle 21 come promesso con una coreografia composta da una ventina abbondante di ballerine che hanno riempito l’intera passerella con Dawn FM in sottofondo – l’intro dell’omonimo album da cui prende parzialmente nome il tour – seguita dalla comparsa in pompa magna dell’attesissimo protagonista di serata, abituandoci in qualche modo alla sensazione di sontuosità che caratterizzerà praticamente tutto lo show.
Ed è anche qui che ci si inizia a rendere conto della quantità sterminata di hit che ha quest’uomo nella discografia. Per gioco mi sono messo a fare la media di ascolti tra tutte le canzoni proposte nella serata di ieri: la canzone media uscita da questo calcolo è di 791 milioni di ascolti singoli presi esclusivamente da Spotify, con ben 8 canzoni che superano il miliardo di riproduzioni.
Questo porta inevitabilmente ad avere un pubblico estremamente diverso e stratificato, stracolmo di persone non abituate al clima e al “galateo” che dovrebbe essere sempre rispettato in eventi del genere. Quindi potrete ben immaginare la quantità esagerata di telefoni posti a braccia tese verso il cielo, rendendo difficile la fruizione visiva dello show persino a me che per poco non arrivo a 2 metri d’altezza. La cosa, oltre ad essere evidentemente fastidiosa, rischia di essere un cattivo esempio per le migliaia di ragazzini venuti al loro primo concerto e assorbendo la lezione che questa sia la corretta fruizione di un concerto in generale, e non ne parlerei se non fosse ormai un comportamento reiterato in spettacoli di questa portata.
La performance – quando visibile – è comunque una di quelle che non puoi scordarti facilmente: tra le già citate ballerine, la città che a un certo punto prende letteralmente fuoco con tanto di fumo nero e dei giochi di luce che sono una festa per gli occhi e per l’anima, più volte mi sono fermato a chiedere quanto sia stato speso per ideare, mettere in scena e soprattutto trasportare questo impianto.
The Weeknd è in costante movimento in lungo e in largo per la passerella per essere visibile al maggior numero possibile di persone, nonostante per la prima metà dello show si sia coperto il volto con una maschera che alla lontana ricordava quella di MF DOOM, per poi togliersela con una camminata teatrale verso l’ormai famosa città.
I già citati pezzoni sono poi un piacere da ascoltare: Blinding Lights e I Feel It Coming cantate sotto la Luna, un incredibile uno/due in successione tra Save Your Tears e Less Than Zero (quest’ultima che ascoltata dal vivo è semplicemente splendida), il mix tra Faith e After Hours da pelle d’oca, ma anche tantissimi pezzi che lo vedevano solo come featuring come Hurricane direttamente da Donda di Kanye e Creepin’ che a conti fatti è una cover di I Don’t Wanna Know di Mario Winans che a sua volta campionò la bellissima Ready Or Not dei Fugees.
Prima di ritirarsi in cima a uno dei palazzi per chiudere il concerto, il saluto viene fatto sulle note del pezzo curiosamente con meno ascolti del lotto Tears In The Rain ripetendo mentre guardava il pubblico creando un pathos quasi teatrale:
You deserve real love
And I deserve to be by myself
Mentre il vero finale lo abbiamo con Moth To A Flame, un pezzo firmato per l’ultimo album del trio degli Swedish House Mafia che ha fatto saltare anche i più scettici, rendendo lo starboy l’artefice di una serata che i presenti non potranno dimenticare, lasciandoci con la sensazione di potere raccontare quello che abbiamo visto tra molti anni dicendo il classico “io c’ero”.
Setlist del 26 luglio:
Dawn FM
Take My Breath
Sacrifice
How Do I Make You Love Me?
Can’t Feel My Face
Lost in the Fire
Hurricane
The Hills
Kiss Land
Often
Crew Love
Starboy
House of Balloons
Heartless
Low Life
Reminder
Party Monster
Faith
After Hours
Out of Time
I Feel It Coming
Die for You
Is There Someone Else?
I Was Never There
Wicked Games
Call Out My Name
The Morning
Save Your Tears
Less Than Zero
Blinding Lights
Tears in the Rain
Creepin’
Popular
In Your Eyes
Moth to a Flame