Me lo ricordo come se fosse ieri il biennio 2016-2017. All’epoca scoppiò la bolla della “scena indie” italiana – quella che venne poi chiamata a posteriori “ITPOP” – guidato dal successo nazionale di Mainstream, secondo album di Calcutta uscito a fine 2015, e con l’uscita di dischi tra i quali Aurora (I Cani), L’ultima festa (Cosmo), Completamente Sold Out (Thegiornalisti), La fine dei vent’anni (Motta) e Avete ragione tutti (Canova).
Proprio i Canova, al loro esordio discografico, erano sotto l’etichetta Maciste Dischi. Nata nel 2014 a Milano, in breve tempo è diventata una delle piccole punte di diamante di questa nuova ondata musicale. Non è un caso se, sempre sotto il loro nome, ha iniziato a muovere i primi passi Gazzelle, nome d’arte di Flavio Bruno Pardini.
Quattro LP pubblicati, milioni di ascolti su Spotify (Destri è a quota 135.378.372 al momento di scrivere questo articolo), concerti agli stadi e una partecipazione al Festival di Sanremo 2024. Il piccolo Flavio è un artista dalla solida fama nella nostra Penisola e spesso vedo delle storie su Instagram delle mie conoscenze – parliamo di una fascia d’età tra i 25 e i 30 anni – che vanno a sentirlo dal vivo.
Eppure, nessuno di loro saprebbe raccontare la sua ascesa al panorama mainstream nazionale o le sue prime esperienze musicali. Per fortuna c’è il sottoscritto a raccontarvelo perché, come avete capito dall’incipit iniziale, ho vissuto in prima persona la “scena indie” e, di conseguenza, l’arrivo di Gazzelle. Il primo singolo in assoluto, Quella Te del 9 dicembre 2016, non lo vede comparire nemmeno in video, dalla chiara ispirazione vaporwave (anche quella in voga ai tempi), e l’ufficio stampa di Maciste Dischi distribuisce solo foto sfocate, a celare la sua vera identità.
Anche il successivo NMRPM mantiene ignoto il volto di Gazzelle, che viene immediatamente etichettato come una versione di Calcutta anni Ottanta. Per chi è anziano come me, si ricorderà la massiccia presenza del cantautore romano nel gruppo Facebook “Diesagiowave”, considerata praticamente la “massoneria dell’indie italiano” secondo Vice Italia.
Con Zucchero filato era ormai pronta anche l’uscita dell’atteso album Superbattito e il primo tour nella penisola. Tutti volevano sapere chi fosse ‘sto Gazzelle e l’11 marzo 2017 sarebbe apparso al Vinile, storico locale di Rosà, in provincia di Vicenza, per la seconda tappa del suo lungo viaggio, che sarebbe cominciato al Monk di Roma il 3 marzo. Allora scrivevo a ruota libera per la webzine Feline Wood, tra un impegno universitario e l’altro, e dovevo assolutamente sfruttare l’occasione per intervistarlo.
Contatto quindi Alessandro di Sporco Impossibile, ricevo in anteprima il presskit completo di Superbattito e fissiamo l’incontro per il pomeriggio del 3 marzo, nella fase di soundcheck con i Canova. Quando ci incontriamo, Flavio mi è apparso come un normale ragazzo qualunque, che vuole suonare la sua musica e disponibile a farsi conoscere. La mezz’ora passata in compagnia è piacevole e divertente: io, un pivello alle prime armi come “giornalista”, a parlare con lui nella sala fumatori, sprofondati nei nostri rispettivi pouf.
La sera vado a sentire il suo concerto, compro il suo disco (senza autografo) e lo saluto dandogli una pacca sulla spalla, augurandogli un “in bocca al lupo” per il resto del tour. Fa ridere perché non avrei osato immaginare la sua crescita di popolarità negli anni successivi e non è un caso se, a distanza di tempo, Superbattito è l’unica cosa che ascolto del suo repertorio.
Negli ultimi mesi, ripensando a quest’episodio, ho cercato di recuperare quella famosa intervista, di cui conservo ancora il file audio del telefono. Rileggendola mi è comparso un sincero sorriso di fronte alle domande ingenue poste a Flavio, alle sue risposte e a quello che oggi è diventato: un artista che, nonostante sia uscito dal mio radar e totalmente lontano dai miei gusti, ha saputo costruirsi una carriera di successo.
Per l’occasione, ripropongo qui sotto l’intervista completa, ma prima: ve lo ricordate lo zucchero filato?
Chi si nasconde dietro il personaggio Gazzelle? Come mai hai voluto mascherare il tuo volto?
Dietro a Gazzelle si nasconde Flavio. Ho scelto di non farmi vedere troppo perché, in generale, non mi piace apparire molto e deve essere la musica l’unica cosa di cui si deve parlare.
Provieni dal panorama musicale romano e ci sono tanti artisti come Thegiornalisti o Calcutta (anche se più “bolognese”) che sono noti a livello nazionale. Te come hai vissuto questo contesto?
Sono contento che stia uscendo un sacco di roba da Roma; per quanto mi riguarda personalmente, non provengo da un contesto particolare, sono di Roma e basta.
Quando hai pensato d’iniziare a far musica e da che gruppi o generi trai ispirazione?
Da quando avevo sei anni, è sempre stata l’unica cosa che volevo fare e che poi ho sempre fatto, anche quando ero da solo nella mia cameretta, e negli ultimi anni ho formato una band perché volevo qualcosa di completo. Per quanto riguarda da chi prendo ispirazione dipende molto dal periodo, da cosa ascolto in quel momento o dai film che vedo.
Permettici una domanda scomoda: molti ti paragonano a Calcutta, ma te ti accosti di più a lui o ne prendi le distanze.
Nessuna delle due (e ride ndr). Edoardo lo conosco, ma non credo che sia un paragone fattibile; a me non interessa.
Definisci la tua musica “sexy pop”: possiamo dire che prendi ispirazione da quella corrente definita “vaporwave”?
Questo per quanto riguarda la parte estetica del progetto: oltre a scrivere e cantare una canzone, mi interesso anche della parte estetica come, ad esempio, i videoclip e non lascio nulla al caso. Molto dipende dalla regista dei video (Paula Ling Yi Sun, ndr) che viene da quel mondo, molto legata all’estetica; parlando con lei e tirando giù idee mi ha fatto scoprire questo mondo e mi è piaciuto, ma in realtà non so cosa sia questo “vaporwave”.
Collegandoci con la parte grafica/visual, com’è nato il rapporto con Paula?
Con Paula siamo amici da una vita perché ci siamo conosciuti ai tempi del liceo. Non avevo mai pensato di fare video con lei ma, un giorno, avevo un’idea in testa per “Quella te” e la volevo come attrice principale perché è una ragazza cinese molto particolare. Sono andato a casa sua, ma mi ha detto di no perché non voleva apparire, però proponendosi di girare il video; da qui poi è nato tutto e mi son trovato bene.
Comunque possiamo dire che tutti i tuoi video provengono da una tua idea?
In realtà solo “Quella te” ho lasciato libertà totale a Paula, gli ho dato solo l’input iniziale.
Parlando del tuo album “Superbattito”, puoi raccontarci com’è nato?
È nato più di anno fa, quando sono andato a vivere da solo assieme ad un amico. Mi sono comprato una tastiera e ho iniziato a scrivere canzoni una dietro l’altra, tutto in modo spontaneo e così ho sempre fatto nella mia vita; alla fine ne ho individuate otto che, comunque, avevano un senso assieme e che tenevo che ci fossero. Non volevo che il mio album diventasse una compilation di umori diversi. Alla fine mi son detto che dovevo terminare questo disco e, per fortuna, ho incontrato Antonio della Maciste Dischi che ci ha creduto.
Quanto è stato importante l’appoggio di Maciste Dischi per realizzare “Superbattito” e per il tuo tour italiano?
Ovviamente è stato fondamentale perché ha cambiato tutto. Prima era solo un’idea e, successivamente, è diventato tutto molto più realistico e questo mi ha stimolato.
Qual è il tema principale di “Superbattito”?
È un disco che parla di distacco e di cambiamenti avvenuti nella mia vita, come la fine di una storia e di tutto quegli eventi di cui ero stanco che volevo raccontare; è un disco negativo dall’inizio alla fine. La gente pensa che parli solo di amore ma non è completamente vero.
Una canzone che ci ha colpito molto è “Nmrpm”; è una canzone malinconica che parla di coloro che conosciamo appena e che pongono sempre le stesse domande su di noi. Leggendo il testo sembra che tu l’abbia vissuto in prima persona…
È una critica a questi soliti convenevoli. Non è detto che io abbia vissuto quei momenti, però era un modo per raccontare ciò che sentivo e volevo dirlo in quel modo.
Il 3 marzo hai cominciato il tour al Monk di Roma; com’è stato a primo impatto vedere tante persone solamente lì per te?
È stato incredibile, non c’ho capito niente! Penso che non lo scorderò tanto facilmente.
Cosa ti aspetti da qui fino alla fine del tour?
Mi aspetto di far quello che mi va di fare: cantare le mie canzoni sperando che la gente venga, stia bene e che faccia macello; voglio vedere la gente incazzata urlare insieme a me.
Parlando del panorama italiano, in questi ultimi anni abbiamo visto una crescita sostanziale della musica indipendente; vivendoci al suo interno, come hai visto questo sviluppo?
Come detto prima è solamente un fatto positivo. All’estero ci stanno mille cose da ascoltare e, finalmente, in Italia non c’è solo in mainstream commerciale; ognuno può ascoltare ciò che vuole, se si chiama ‘indie’ o meno. Sono felice sia da ascoltatore che da cantante che la gente abbia la possibilità di ascoltare non solo ciò che il mercato impone.
Quale musica ascolti e chi sono i tuoi artisti preferiti?
Da piccolo ascoltavo la musica in modo passivo, quello che mettevano i miei; per fare un esempio, la prima cassetta che ho ascoltato era degli 883, poi sono andato in fissa con i Lunapop e poi ho scoperto i mostri sacri della musica italiana. Vado molto a periodi, sono una persona che cambia look e idee. Mi piacciono il primo Vasco Rossi – per me era un gigante –, Rino Gaetano, Franco Battiato o coloro che hanno cambiato le regole e che sono ambiziosi.
A chi ti senti di dire “grazie” per ciò che sei adesso?
Sicuramente i miei genitori, che mi hanno sempre sostenuto nonostante la mia condotta disastrata: hanno sempre capito che per me scrivere musica era davvero importante e mi hanno dato man forte; anche mio fratello – che mi ha aiutato a registrare il disco –, la band – che ho conosciuto tre anni fa –, i miei amici e soprattutto quelle str***e che mi hanno dato modo di scrivere qualche canzone.