Quello delle boygenius è l’album più bello che il pop abbia da offrire

boygenius - the record (Interscope Records, 2023)
boygenius - the record (Interscope Records, 2023)

Vorrei partire da un piccolo aneddoto riguardo la prima volta che ho avuto a che fare con il nome boygenius. La dinamica non è niente di speciale: qualche anno fa stavo ascoltando una delle mie playlist in spiaggia, quando tra i brani consigliati è uscita una certa Ketchum, ID di questo gruppo chiamato boygenius e il titolo mi è rimasto impresso fino ad oggi.

Ora, voi vi starete chiedendo cosa ci sia di così incredibile nel nome di una cittadina di 3000 abitanti nell’Idaho; magari a qualcuno potrebbe essere venuto in mente il cognome di Ash dell’anime dei Pokemon che davano su Italia 1, ma la risposta sta nel legame di gemellaggio che c’è tra Ketchum e Lignano Sabbiadoro, la località balneare dove sono solito andare ogni estate da quando sono nato, nonché il posto in cui ero in quel momento. 

Un filo conduttore sorprendentemente tenuto stretto dalla figura di Ernest Hemingway che visitò Lignano nell’aprile del 1954 e trascorse i suoi ultimi momenti nella cittadina americana. Due luoghi che ad Hemingway trasmettevano una sensazione di calma e pace, e proprio da queste sensazioni voglio partire per descrivervi le boygenius.

Ernest Hemingway nella sua visita a Lignano Sabbiadoro, 1954
Ernest Hemingway nella sua visita a Lignano Sabbiadoro, 1954

The next big thing

Julien Baker, Phoebe Bridgers, Lucy Dacus, da sinistra a destra nello scatto per la copertina di Rolling Stone che richiama la storica prima pagina con i Nirvana: per i più avvezzi al mondo musicale non sono nomi nuovi, anche se presi singolarmente. Sono cantanti fenomenali con molteplici album all’attivo, con tre timbri vocali ben distinti, ma uno stile molto sovrapponibile tra loro.

Con tutte e tre le carriere già ben avviate, decidono di formare un supergruppo con cui incideranno un EP chiamato proprio boygenius nel 2018, contenente la nostra famosa Ketchum, ID. Un tentativo ben riuscito di fondere il loro talento, mantenendo uno stile calmo e rilassato che proveremo a definire “indie folk”, anche se non sono un grande fan delle etichette. 

Sono passati cinque anni ormai, le loro discografie si sono ulteriormente popolate arrivando (chi più e chi meno) a raggiungere un posto fisso nella pop culture musicale contemporanea e la voce che fossero tornate in studio insieme si è fatta sempre più forte negli ultimi mesi, fino all’annuncio ufficiale di the record, l’album che abbiamo tra le mani. 

Quello che fa the record molto meglio del primo EP è dimostrare quanto loro tre siano compatibili: “a match made in heaven”, se volete. Sinergia dimostrata fin dalla copertina che raffigura la mano di ognuna di loro puntare il cielo durante il tramonto. 

Il primo brano Without You Without Them è acapella, con la Dacus che spicca tra le altre due voci che fanno da coro. Non esagero se dico che l’ho trovata una delle intro più dolci e rassicuranti mai ascoltate in un album: un abbraccio virtuale per prepararsi al resto. 

Speak to me
Until your history’s no mystery to me
Talk to me
Until the words run dry, we’ll see eye to eye 

Piccolo schermo

E il resto arriva a 300 km/h con i tre singoli 20$, Emily I’m Sorry e True Blue che vengono usati in un cortometraggio diretto magistralmente da Kristen Stewart (si, quella di Twilight) uscito insieme all’album. Si chiama the film, ve lo lascio qui sotto.

Parlando delle canzoni, ognuna di queste si focalizza su una delle ragazze. Tutte e tre raccontano una storia personale che rimanda a momenti passati più o meno remoti ed è interessante come tutte queste interpretazioni prendano delle vie musicali e di scrittura fortemente distinte tra loro. Inoltre, la scelta di differenziare la regia e la fotografia di ognuna di queste canzoni nel video musicale appena citato l’ho trovata davvero azzeccata. 

Con Cool About It passiamo a una ballad dalle tinte country, dove la sensazione di nostalgia è un telo che ti ricopre senza farti vedere nient’altro. Julien, Phoebe e Lucy hanno pari spazio, a ognuna è stato assegnato un verso e ancora una volta dopo l’intro sembra di sentire una sola anima con tre voci diverse. Fortunatamente non è l’ultima volta che accade all’interno di the record. 

A proposito: Not Strong Enough lascia lo stesso dolcissimo sapore in bocca, questa volta con un interessante parallelismo con la Strong Enough di Sheryl Crow, con la canzone che si contrappone sia nel titolo che nel ritornello al pezzo del 1993.

Angeles

Revolution 0 è un pezzo quasi esclusivo della Bridgers dove torna l’“imaginary friend” a cui ha già dedicato la sua meravigliosa Punisher dell’omonimo album candidato ai Grammy. L’amico immaginario è Elliott Smith, un cantautore straordinario scomparso troppo presto – in una modalità che lascia dubbi ancora oggi – che viene visto da lei come uno spirito guida e in qualche modo un esempio da seguire.

Elliott used to live in one of the Snow White cottages in LA, so I’m imaging he actually lived with her. He is just as much of a fictional character to me because he died before I heard his music.

— traitor joe (@phoebe_bridgers) November 11, 2020

Leonard Cohen è un semplice aneddoto vissuto durante il tour per il primo EP che vuole portare fuori una morale, portando una citazione da Anthem proprio del cantautore di Hallelujah che suggerisce di trovare un lato positivo anche dove sembra tutto stia andando storto. 

Leonard Cohen once said
“There’s a crack in everything, that’s how the light gets in” 

È una canzone che ho trovato bella nel senso più puro del termine il significato intrinseco mi ha particolarmente toccato. È quel classico esempio di pezzo che non sai di volere fino a quando non lo ascolti per la prima volta. 

Ma bando ai pensieri profondi, che con Satanist c’è da alzare il volume. Una hit fatta e finita, con il testo più spensierato del disco e un giro di chitarra che ricorda in qualche modo l’era Souvlaki degli Slowdive. 

In We’re In Love abbiamo l’ennesima prova della qualità della penna di Lucy Dacus, con una ballad che colpisce in profondità parlando del dolore che prova nell’amare. 

L’album si prepara poi alla fine con Anti-Curse, firmata Julien Baker: l’ho trovato il pezzo più potente dell’album e la performance vocale della Baker ci mette un grande contributo, basti pensare all’urlo nel bridge. I’M SWIMMING BACK.

La chiusura è stata assegnata a Phoebe Bridgers con Letter To An Old Poet. Ennesima ballad azzeccata, c’è qualcosa nella sua voce di unico: basta qualche nota di piano per renderla una luce accecante nel buio totale della notte nel deserto. La canzone poi richiama palesemente Me And My Dog dal loro EP nel bridge prima della fine e, come in Not Strong Enough, le due lyrics vanno in opposizione: 

I wanna be happy
I’m ready to walk into my room without lookin’ for you
I’ll go up to the top of our building
And remember my dog when I see the full moon

Il potere dell’amicizia

Quello che ho sentito in the record è un album sincero, fragile, ma anche coraggioso e accessibile. Non ci sono concetti estremamente complicati, ma sono spiegati – più o meno esplicitamente – con un’efficacia e semplicità che non percepivo in un album da anni. 

La storia è piena di esperimenti come questo, con personaggi già noti che decidono di unirsi e formare questi supergruppi, ma la storia ci insegna anche che andare oltre l’idea in questi casi è difficile e le probabilità di fallire sono alte.

Sono felice nel dire che non sia questo il caso, anzi. Non ho paura a dire che sia uno dei migliori album prodotti da un supergruppo nella storia, nonché uno dei prodotti più di qualità che possiate sentire nel panorama pop recente. 

Parole mie. Non ci credete? Ascoltare per credere. 

VOTO: 9/10

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