Il mese di dicembre è diventata una sorta di liturgia per me: dove tutti addobbano internamente ed esternamente le proprie case con luci e addobbi, io mi preparo a rendere pubblica la lista dei miei album preferiti. Siamo arrivati al quinto anno di fila e il primo con un suo articolo, quindi forse sapete già come funziona. Vi lascio comunque qualche piccolo disclaimer per renderla accessibile a tutti: la lista non presenta niente di oggettivo, è solo il frutto del mio gusto personale e ha lo scopo di farvi conoscere dischi che altrimenti potreste non avere mai sentito nominare. Inoltre, questa lista è scritta e redatta interamente da me, ma uscirà tra una settimana un altro articolo scritto a più mani sugli album preferiti di ogni membro della redazione. Non vi voglio trattenere troppo, vi auguro buon natale e buona lettura.
TOP 50
50. AMYL AND THE SNIFFERS
Cartoon Darkness
Partiamo in quinta. Cartoon Darkness è uno dei dischi più divertenti che potrete trovare in questa lista e rientra perfettamente nella mia personalissima categoria “musica che metterei da sottofondo in una run su Crazy Taxi”. Date a degli aussie incazzati un microfono e il mondo diventerà un posto migliore.
49. VARIOUS ARTISTS
American Football LP1 (covers)
Non ricordo di avere mai messo un album di cover nella lista di fine anno, ma questo meritava senza dubbio di finirci. LP1 è un disco meraviglioso che ha per me un significato speciale, e riuscire a vederlo performato dal vivo per intero al suo 25esimo anniversario e qualche mese dopo ricreato da artisti che amo come Ethel Cain e Iron & Wine ha contribuito a rendere il 2024 un anno speciale.
48. FAYE WEBSTER
Underdressed at the Symphony
A Faye Webster collego uno dei momenti più belli che ho vissuto quest’anno: ero al Primavera Sound, indeciso su cosa volere fare con il tramonto che era pronto a spuntare dalla cornice del porto di Barcellona. Decisi di occupare quel tempo ascoltando il suo concerto e quando è partita Thinking About You è come se mi si fosse staccato il cervello ogni pensiero ha cessato di girare per la mia testa. In qualche modo, riascoltarla mi fa ancora questo effetto, ricreando quella pacifica immagine nella mia mente.
47. SWIMMING PAUL
Smiling Through The Pain
Non sono contento se non aggiungo alla lista un clone di Fred again..; l’anno scorso fu Barry Can’t Swim questa volta è toccato a Swimming Paul. Al di là di questa curiosa ossessione con il nuoto, questo album mi ha fatto capire che copiare a volte non è un male. Certo, in alcuni momenti sembra davvero di sentire dei leftover di Actual Life, ma una caramella è sempre dolce da mangiare alla fine.
46. SOCCER MOMMY
Evergreen
Se questo non fosse il vostro primo disco di Soccer Mommy, potrei dirvi che è semplicemente l’idea che vi siete fatti della canzone tipo di Soccer Mommy dalla durata di 41 minuti. Il fatto è che a me lei piace davvero tanto, e questo basta per farla entrare in questa lista. Manca la sperimentazione che fece con Onehotrix Point Never nello scorso disco, ma riesce comunque a convincermi.
45. MACE
MĀYĀ
MACE è come un asterisco che smuove il torpore del mainstream italiano e lo eleva a qualcosa di realmente affascinante. Della musica italiana eredita questa brutta abitudine di tappezzare i propri dischi di miriadi di collaborazioni esterne, ma in questo caso risultano in larga parte propedeutiche al filo conduttore del progetto. In larga parte, tranne Gemitaiz.
44. SABRINA CARPENTER
Short n' Sweet
Faccio un’ammissione di colpa. La posizione in questa classifica di Short ‘n Sweet non è tanto data dall’album in sè, che francamente non credo abbia molto carattere, ma per l’artista che lo ha scritto, perché Sabrina Carpenter è la popstar del futuro, perché non posso nascondere una fortissima crush che ho nei suoi confronti e perché c’è qualcosa nella sua voce che mi incanta ogni volta che mi parte in shuffle.
43. FLOATING POINTS
Cascade
Floating Points deve avere inserito degli stupefacenti all’interno di questo disco, altrimenti davvero non si spiega. Siamo davanti a un prodotto talmente complesso e rifinito da risultare difficile per me da ascoltare con leggerezza. Questo però non significa che non riescano ad affascinarmi tutti questi stimoli uditivi.
42. JULIA HOLTER
Something In The Room She Moves
Nello scrivere questo disco, Julia Holter ha dichiarato di essere stata influenzata da Ponyo di Hayao Miyazaki nella scrittura di un brano del disco, affascinata dalla mutevolezza delle creature e di come questa capacità di trasformarsi andasse di pari passo con l’amare. Ascoltare un disco di Julia Holter è un’esperienza che chiunque di voi merita di vivere almeno una volta.
41. KELLY LEE OWENS
Dreamstate
C’è chi potrà definire questo album “una svolta commerciale” in senso dispregiativo, ma credo che Dreamstate per Kelly Lee Owens sia un disco da crocevia per la sua carriera, in grado di dare al pubblico una nuova versione di sè che non sminuisce ciò che è già nel suo catalogo, ma anzi lo arricchisce in maniera molto interessante.
40. SALUTE
True Magic
Un album EDM con l’estetica di ogni cosa completamente ispirata al Giappone anni ’90 di Initial-D, dalla copertina e di ogni contenuto promozionale al sound infarcito di city pop. Davvero potevo pensare di non inserirlo in lista? Ah, per giunta è il suo primo disco e vanta collaborazioni del calibro di George Daniel, Disclosure e Rina Sawayama.
39. DDS & GALEN TIPTON
You Like Music
Non mi dilungo troppo: questo è brainrot fatto a musica, e mi piace.
38. MURA MASA
Curve 1
Dopo essersi separato dalla major ed essere tornato a un’etichetta indipendente, Mura Masa con Curve 1 più che un album ha fatto uno statement: abbandonare uno stile distintivo per seguire quello che sente più di volere fare. E per fortuna ha deciso di incidere un disco che abbraccia sonorità che quest’anno ho cercato dappertutto.
37. FOUR TET
Three
Sotto un video su YouTube che ho cercato ho trovato il commento “I’m thankful to all the molecules that constitute this man”. Confermo e sottoscrivo ogni parola di quel messaggio.
36. FUTURE ISLANDS
People Who Aren't There Anymore
Le prossime generazioni studieranno a scuola come sia possibile che i Future Islands non siano riusciti a sbagliare una singola canzone in tutta la loro discografia. Sento una forza incredibile nonostante la delicatezza di questo disco, creando una sorta di un ossimoro musicale che viene perfettamente orchestrato da Samuel T. Herring e compagni.
35. NICK CAVE AND THE BAD SEEDS
Wild God
Sentire Nick Cave finalmente felice dopo tre dischi come Skeleton Tree, Ghosteen e Carnage e soprattutto sapendo quello che ha passato mi ha scaldato il cuore. Si può dire senza timore di smentita che sia il migliore liricista in attività (chiudendo un occhio su Dylan) e forse con questo disco in aggiunta ai già citati potremo iniziare a considerare gli ultimi 10 anni come il suo prime.
34. JOEY VALENCE AND BRAE
NO HANDS
Questo per me è stato l’anno del disinnamoramento dal rap. Un anno in cui tutto quello che ho sentito da questo genere mi ha o deluso o non parlava esattamente a me. Come ogni cosa però, c’è un’eccezione e come sempre viene da dove meno te l’aspetti: due zoticoni che sembrano usciti da Beavis & Butt-head che sparano pezzoni con basi degne dei migliori Beastie Boys sotto effetti.
33. FABIANA PALLADINO
Fabiana Palladino
Definirla solo un prodotto dello scouting di Jai Paul sarebbe riduttivo, ma indica un grado di qualità già superiore alla media: Fabiana Palladino (nonostante il nome possa creare dubbi, non è un’artista italiana) con il suo primo disco self titled fa un tuffo verso sonorità quasi abbandonate o relegate a una noiosa nostalgia del passato, che in questo caso però risplendono di luce propria senza risultare stucchevoli.
32. SEGA BODEGA
Dennis
Il nuovo disco di Sega Bodega è tutto meno che un ascolto immediato. Mi sono serviti due concerti a distanza di mesi per prima detestarlo e poi apprezzarne l’intento artistico, per poi infine tappezzare le mie playlist della sua musica. Ogni pezzo nel disco ha la sua identità e una sua chiave sonora e mi risulta difficile racchiudere questo progetto in un qualsiasi genere. Non vi resta che ascoltarlo.
31. COCA PUMA
Panorama Olivia
Dio benedica Dischi Sotterranei. Davvero, ogni anno esce almeno un disco da questa casa indipendente che meriterebbe di finire in questa lista. Quest’anno tocca a Coca Puma, che al suo primo disco propone suoni dream pop per niente comuni al panorama indie italiano che suonano come una ventata d’aria fresca e un grido di speranza verso una scena che timidamente sta provando a rinascere in nuove forme.
30. THE SMILE
Wall Of Eyes
In un anno in cui tutti hanno amato il nuovo disco dei The Smile (per i meno avvezzi, chiamiamoli gli “ex Radiohead”), ammetto di esserci rimasto veramente poco incollato. Nonostante il disco suoni in maniera splendida e vederli dal vivo sia stato uno dei momenti più indimenticabili di questo 2024, non sento quell’attaccamento emotivo che speravo di sviluppare.
29. JUSTICE
Hyperdrama
Il ritorno dei Justice è arrivato con dei singoli incredibili che facevano presagire ad un album fuori dal mondo, capace persino di rivaleggiare con il primo album self titled. Come sempre poi, le aspettative e la realtà sono due cose ben diverse. Non è affatto un brutto album, ma risulta pieno di pezzi insapori alternati a banger da fare venire giù il soffitto. Vedete voi come prenderlo.
28. TYLER, THE CREATOR
Chromakopia
Aspettavo il nuovo album di Tyler, The Creator come fosse il prodotto di un messia, capace di dare una sgasata al mondo del rap, che da anni sembra sempre più stagnare ed è sempre più dipendente da sporadici lavori artisticamente eccelsi. Chromakopia non è un brutto disco, ma paga troppo il peso delle aspettative, risultando semplicemente un ottimo disco, ma per me non eccellente.
27. MOUNT EERIE
Night Palace
Phil Elverum è una delle penne più belle e spesso più dimenticate degli ultimi 30 anni di musica. Prima coi Microphones, poi coi Mount Eerie è riuscito sempre a portare una fotografia quanto più realistica (anche a costo di essere cruda) della sua vita, e Night Palace non fa eccezione. Può spaventare la durata di quasi 2 ore, ma una volta finito di ascoltare non se ne può uscire indifferenti.
26. MAGDALENA BAY
Imaginal Disk
Avete presente la sensazione che si prova quando puntate sull’underdog di turno e si spera che esploda per potere dire “io c’ero da quella volta”? Ecco, questi sono per me i Magdalena Bay che mi rapirono con la sperimentazione in Mercurial World facendoli diventare miei protetti. Imaginal Disk non mi ha rapito allo stesso modo, ma è indubbiamente un disco ben riuscito e per certi versi il loro più coeso.
25. CHRISTIAN LEE HUTSON
Paradise Pop. 10
Credo che il modo più semplice per fare breccia sul mio cuore sia suonare come Punisher di Phoebe Bridgers e questo album fa esattamente questo. Sarà un caso il fatto che sia stato prodotto da lei? Poi però capisci che ha anche altro da dire, ti affezioni alla sua voce e speri non finisca mai.
24. JESSICA PRATT
Here In The Pitch
Jessica Pratt è stata una scoperta graditissima di quest’anno. E’ l’ennesima dimostrazione del fatto che il folk non sia un genere stantio e ripetitivo, ma che anzi sia molto incline a riscoprirsi in nuove vesti e questo Here In The Pitch fa proprio questo: si ha quasi la sensazione di vivere un’epoca passata mai esistita verso cui si prova una certa – seppur distorta – nostalgia.
23. MJ LENDERMAN
Manning Fireworks
L’esplosione nei charts della musica country non ha influenzato solo il mainstream. MJ Lenderman è nelle playlist su Spotify di qualsiasi hipster americano voi possiate conoscere, e a buonissima ragione. Trovo incredibilmente difficile riuscire a rendersi distintivi in un genere come questo, ma c’è qualcosa in questo Manning Fireworks che puoi trovare solamente qua, e allo stesso tempo ti fa sentire a casa, rivivendo un vecchio ricordo con un pizzico di nostalgia.
22. THE CURE
Songs Of A Lost World
Lo stesso Robert Smith ci dice qui che “nothing is forever”: nulla è per sempre. Una sorta di regola aurea che moltissime band tendono a scordarsi nella loro fase senile, sfornando prodotti dalla dubbia qualità nel tentativo di raggiungere un’ultima volta i fasti che li hanno resi famosi. Sono felice che questa regola non sia stata seguita dai The Cure, che dalla stessa sono riusciti a creare una meravigliosa eccezione. Un disco già definibile senza tempo.
21. BETH GIBBONS
Lives Outgrown
C’era davvero qualcuno con dei dubbi sulla qualità di un disco solista della cantante dei Portishead? Ne potremmo perdere in sperimentazioni trip hop che hanno sempre caratterizzato la storica band inglese, ma ne guadagnamo sicuramente dell’enfasi posta verso l’incredibile espressività vocale di Beth Gibbons, quasi troppo bella per essere di questo mondo.
20. FASHION CLUB
A Love You Cannot Shake
Credo di avere un debole per quel pop glitterato che ho sempre affibiato alla musica di Perfume Genius, quindi vedere il suo nome apparire a fianco a un nome quasi sconosciuto mi sono incuriosito e ho ascoltato Forget. Ricordo ancora che era una mattina in stazione, ricordo ancora cosa stessi pensando e cosa provassi al momento del drop. Amo la musica perché è l’unica forma d’arte che riesce a farmi questo.
19. KENDRICK LAMAR
GNX
Eccolo qua, l’uomo che ha provato a distruggere l’ordine di questa lista droppando a caso. Scherzi a parte, Kendrick ha deciso di cavalcare l’onda del diss più discusso dell’anno (e per certi versi della storia del rap) con Drake, non solo con il victory lap che era Not Like Us, ma direttamente con un disco che rimarca perché debba essere considerato il migliore sulla scena.
(Puoi leggere la recensione scritta da Stefano Cazzaro di GNXcliccando qui.)
18. NALA SINEPHRO
Endlessness
Un disco senza tempo, senza spazio e senza forma, in cui non potrete fare altro che chiudere gli occhi e farvi cullare dalle note soffici e patinate della compositrice belga Nala Sinephro. Non è un album da descrivere a parole, ha a che fare con ciò che siete e solo voi potrete trovare una dimensione a voi comoda nei 45 minuti che lo compongono.
17. LAURA MARLING
Patterns in Repeat
Dirò un’ovvietà, ma album come questi che pongono così tanta enfasi sul calore delle chitarra abbinate a una voce talmente dolce da sembrare angelica sono delle vittorie in partenza. Aggiungeteci una capacità fuori dal comune nella scrittura e avrete come risultato un disco come questo, che è la cosa più vicina a un abbraccio che la musica potrà darvi.
16. MGMT
Loss of Life
Come fu per Perfect Days di Wim Wenders, in un mondo moderno frenetico all’insegna della fear of missing out, gli MGMT decidono di puntare sulla non immediatezza, con un disco che è un’ode alla pazienza. Se deciderete di dargli fiducia, ritroverete al suo interno la gioia di prendere le cose con il giusto tempo, riuscendo ad apprezzare minuscoli dettagli che non avevate mai notato della strada che fate ogni giorno per andare a lavoro o della vostra stessa stanza.
15. CARIBOU
Honey
Questo non è il disco di Caribou che mi aspettavo di sentire, ma è sicuramente un disco che adoro ascoltare. Gira tutto attorno a un numero risicato di sample che si ripetono durante tutto l’album, con forme e idee poco convenzionali, ma convincenti e spesso azzeccate. Il sample di QUELLA “Pump Up The Volume” in Volume è un momento che difficilmente leverò dalla mia testa, come la foto di Dan appiccicata ovunque per promuovere questo disco.
14. ST. VINCENT
All Born Screaming
St. Vincent ha una carriera che parla da sola, non serviva un album come questo per portarla sull’olimpo con l’etichetta di artista generazionale. Non serviva ma per fortuna ha deciso di darcelo ugualmente. E’ incredibile come il titolo dell’album riassuma così bene con tre sole parole la direzione che ha voluto prendere per il progetto: un urlo primordiale e istintivo, per nulla controllato e lasciato completamente libero di fare danni.
13. REMI WOLF
Big Ideas
Quest’anno ho più volte detto a chi conosco “se volete sentire dei nomi interessanti nella scena pop, andate a controllare chi ha aperto il Sour Tour di Olivia Rodrigo in giro per il mondo”. All’appello troviamo Chappell Roan e proprio Remi Wolf. Se la prima è ormai diventata un successo planetario, Wolf forse è restata ancora un po’ troppo fuori daii radar, ma fidatevi che la qualità c’è e nemmeno poca. E vogliamo parlare di Soup? Esiste un modo per non ballarla?
12. FATHER JOHN MISTY
Mahashmashana
Father John Misty è uno di quei nomi che mi hanno portato ad amare la musica nel modo in cui la amo ora. Con lui ho capito che fuori dal mio sguardo c’era un mondo inesplorato che andava ben oltre le semplici note di una canzone, che poteva essere un’opportunità per migliorare come essere umano. 5 anni e 700 album ascoltati dopo è tornato alla forma che mi ha fatto innamorare di questo magnifico e caotico mondo, con qualche chitarra distorta in più.
11. THE DARE
What's Wrong With New York
Come potrà mai reagire chi ha il vinile di This Is Happening degli LCD Soundsystem messo a fianco del letto a fare quasi da santino quando nella scena sbarca la copia zoomer di James Murphy? Qualcuno davvero si aspettava di non vedermi urlare al miracolo davanti a un disco come questo? Impacciato, sporco e viscido, What’s Wrong With New York è esattamente quello che chiedevo da The Dare, e forse anche di più. Metti pure qualche hit in meno la prossima volta.
10. PORTER ROBINSON
SMILE! : D
Dopo avere rivoluzionato il concetto di EDM con Worlds e dopo averci dato una guida su come leggere l’anima umana con Nurture, il compito di Porter Robinson di produrre un terzo album con un impatto almeno simile era fin troppo arduo. Con SMILE! : D ha deciso di esplorare il mondo sempre più florido di talento dell’hyperpop, sporcato con una tinta emo e chitarre q.b.. Il risultato funziona solo in parte, ma è abbastanza per tornare a farci sognare come solo lui sa fare.
9. THE LAST DINNER PARTY
Prelude To Ecstasy
Il successo delle Last Dinner Party è la dimostrazione che l’etichetta di “industry plant” è smontabile con il talento. Hanno provato a stroncare sul nascere la loro crescita accomunandole a prodotti come i Måneskin, con la differenza che ogni singola canzone nel loro disco di debutto funziona ed è solida da morire. Hanno un’idea creativa riconoscibile e unica a modo suo, per non parlare della presenza scenica di sua maestà Abigail Morris: vi serve altro?
8. CINDY LEE
Diamond Jubilee
Ho sentito dire che “i migliori dischi sono quelli che non escono su Spotify e che ti ritrovi consigliati dall’algoritmo di YouTube”, e in questo caso è davvero difficile dare torto a questa affermazione. Due ore che non devono spaventare, ma che invece ti coccolano dall’inizio alla fine di un viaggio ultraterreno verso sentieri e sonorità fuori da questo tempo.
7. FONTAINES D.C.
Romance
“Maybe romance is a place”, dice Grian Chatten nel nuovo album dei Fontaines D.C. Non sono ancora sicuro della risposta a questa domanda, ma sicuramente potete trovarne tanto in questo disco, che è un’ennesimo cambio di rotta della band irlandese per eccellenza in questo momento. Un disco molto più cattivo, cupo e pessimista del loro precedente Skinty Fia e tremendamente affascinante da sviscerare.
6. FRED AGAIN..
ten days
Fred again.. nel giro di un paio d’anni è passato da quel nome sconosciuto che ho deciso di skippare al mio primo Primavera Sound mentre cercavo un bagno ad essere uno dei più richiesti e amati della scena musicale mondiale, nonché uno dei miei artisti preferiti. ten days non è un disco rivoluzionario, non ha niente o quasi nelle scelte sonore che non abbiano i suoi precedenti Actual Life, ma è un disco con un cuore immenso, uno di quelli che sai già che adorerai dalla prima volta che metterai play. E’ questa la forza di Fred e spero rimanga così.
(Puoi leggere la recensione scritta da Stefano Cazzaro di ten dayscliccando qui.)
5. ADRIANNE LENKER
Bright Future
Dopo intensissimi anni tra album lunghissimi e tour infiniti con la sua band Big Thief, Adrianne Lenker torna a sfornare un disco solista sulla falsa riga del suo primo Songs, aggiungendo se possibile un’ulteriore maturità da liricista con un progetto coeso, malinconico e delicato come una carezza sul viso di prima mattina. Credo sia uno di quegli album che per amare davvero bisogna essere disposti ad ascoltarli donandogli parte della nostra fragilità, ma vi garantisco che ne vale la pena.
4. CLAIRO
Charm
Conobbi Clairo con il suo primo disco Immunity e me ne innamorai subito. Non era altro che puro bedroom pop, senza alcuno sbalzo, con una voce dolce e quasi sussurrata ad accompagnare la musica più meravigliosamente blanda che sentirete nella vostra vita. Charm riprende molto di Immunity, evolvendo con grazia un sound che non richiede scossoni di alcun tipo e avvolgendoti sempre con quella voce delicata e preziosa.
3. CHARLI XCX
brat and it's completely different but also still brat
Sì, il remix album, non brat. Per quanto abbia adorato tutti i meme sulla brat summer e l’esplosione tanto inaspettata quanto meritata di Charli che l’hanno finalmente consacrata stabilmente nell’olimpo del mainstream, l’album in sè mancava spesso di mordente, come se qualcosa fermasse il flusso creativo dallo scorrere indisturbato. In questa versione alternativa però il rubinetto è apertissimo e dona a tutto molto più colore del verde che ha riempito il feed dei nostri social quest’anno.
2. JAMIE XX
In Waves
Se con il suo primo disco In Colour Jamie xx si concentrava sull’emotività con pezzi ariosi e liberi, con In Waves ha costruito una bomba a orologeria, piazzata su una palla da discoteca e pronta ad esplodere appena viene fatta detonare. Pur prendendosi le sue pause fin annunciate nella tracklist, l’ultima fatica del terzo degli xx ha un ritmo quasi asfissiante da quanto è intenso.
(Puoi leggere la recensione scritta da Stefano Cazzaro di In Wavescliccando qui.)
1. VAMPIRE WEEKEND
Only God Was Above Us
Avete presente Big, quel vecchio film di Tom Hanks dove suonava un pianoforte gigante con i piedi in un negozio di giocattoli? Ecco, ascoltare l’ultimo disco dei Vampire Weekend mi riporta sempre a quella scena: pura fantasia fanciullesca. Grande, pomposo e contorto ma per qualche strana magia immediato da fare proprio. Per me questo album è gioia, e riesce ad esserlo pur avendo pezzi che parlano di arrendersi davanti a un destino nefasto. Semplicemente magnifico.