Matteo Russo

Recensione: Jean Dawson – CHAOS NOW*

Nel mondo musicale (semplificando brutalmente) possiamo individuare due “macrocorrenti” di pensiero ben distinte: chi rimane sul proprio binario e chi prova a deragliare innovando. Nel primo caso troveremo artisti che trovano una formula vincente, la fanno propria e lavorano per affinare sempre di più la propria arte e ci possiamo inglobare la maggior parte della scena. Non è una cosa necessariamente negativa, la vedo più una scelta filosofica che spesso funziona meglio di quello di cui sto per parlare, quindi ben venga. Il secondo caso è quello più delicato e raro. Non esisterà pace per gli artisti che ne fanno parte, saranno sempre alla ricerca di nuovi stimoli e sono MOLTO più inclini all’errore, ma nel grande marasma di tentativi falliti o malriusciti accendono talvolta una miccia in una direzione inedita, creando una luce meravigliosa da seguire e, perché no, venerare. Siamo tutti testimoni Jean Dawson è chiaramente un innovatore, un diamante grezzo che va protetto per il bene del futuro della musica. Per creare un parallelismo forse un po’ forzato, ma utile per chi non lo conoscesse, credo che con la sua musica abbia il potenziale di creare uno scossone simile a quello che fece Tyler, The Creator al tempo. CHAOS NOW* è il seguito di un album che ho apprezzato molto: Pixel Bath, un prodotto senza dubbio non convenzionale, ma con una sua direzione artistica ben precisa e portata avanti per tutto l’album. Ecco, non è il caso dell’album di cui parliamo oggi. Parlando delle canzoni prese singolarmente, ho apprezzato tra quelle più “rumorose” sicuramente GLORY*, con un ritornello che si appiccica al cervello e non si stacca più, ma sono rimasto attonito da due pezzi nello specifico: PIRATE RADIO* e BAD FRUIT* che di fatto sono due pezzi folk, e l’ultimo è con Earl Sweatshirt, CIOE’ DAI.  È uscito un fiore Non c’è modo per descrivervi quanto sia stato felice di essere così stupito in un album del genere, davvero. Il titolo stesso richiama il caos e rende davvero difficile per me spiegare a parole di cosa stia parlando. Io credo che per comprendere l’album dobbiamo immaginarlo come una scatola piena zeppa di mattoncini Lego lanciati brutalmente a terra: visti da lontano non hanno un senso, ma se ognuno si fermasse e si mettesse a montarli a modo suo avrebbe una propria interpretazione della situazione. E credo che a me sia uscito un fiore.

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Classic Review: The Radio Dept. – Lesser Matters

Alcune volte decido l’album da recensire giorni prima, mi carico di informazioni e opinioni a riguardo e sputo tutto in questo file Word che poi copio e incollo su Telegram e Instagram (e ora sul sito). Altre volte come nel caso di questa recensione è come se fossi bloccato, non so a quale album dare la precedenza e finisco con il guardare qualche mia playlist e lasciarmi ispirare dal momento. Penso che Lesser Matters sia l’album giusto da consigliare e recensire ora, un po’ perché si sposa bene con il clima autunnale e la sensazione un po’ malinconica dell’estate che ormai ci ha salutati, un bell’album dream pop da sentire sotto le coperte è tutto quello che ci serve in questi casi. Burrasca Un ultimo disclaimer: di solito non lo specifico, ma credo davvero sia importante che questo album vada ascoltato dall’inizio alla fine nell’ordine scelto dagli autori per rispettare l’anima che hanno scelto di donargli. Così partiamo anche noi da Too Soon che apre l’album: una opener perfetta capace di rilassare i toni per prepararci al viaggio. Subito dopo abbiamo una contrapposizione della tranquillità appena citata: Where Damage Isn’t Already Done (nonostante quello che potrebbe dirci il titolo dai toni quasi depressi) è senza dubbio il brano più movimentato e ricco di vitalità, soprattutto nel chorus. Parlerei di ogni brano perché ogni canzone meriterebbe un momento per essere discussa, ma non voglio dilungarmi troppo in queste recensioni. Quindi andiamo un po’ avanti passando per Bus e arrivando a 1995, senza dubbio il brano più toccante e nostalgico dal mio punto di vista. Uso spesso termini come “nostalgia” e “malinconia” perché sono elementi fondanti per caratterizzare lo spirito del genere a cui questo album appartiene; chi ascolta dream pop cerca questo tipo di cose ed è positivissimo che ci siano in questa quantità. Un altro highlight (ci tengo a sottolinearlo) DAI TONI NOSTALGICI è Strange Things Will Happen, un brano più delicato e fragile degli altri caratterizzato da una voce principale femminile che sentiremo solo qui nell’album.  Come detto sopra, in contrapposizione con il titolo abbiamo tantissimi elementi degni di nota e di plauso da parte mia. Sto scoprendo proprio in questi giorni la loro musica, ma volevo partire a raccontarli proprio da qua. Consigliato solo per un momento che considererete giusto, non è quel tipo di ascolto da fare alla leggera. Matteo Russo VOTO

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