Ci vuole più gente di mare come Daði Freyr
Il 18 settembre 2023, al Fabrique di Milano, è in programma l’attesissimo concerto di James Blake per l’unica tappa italiana del suo nuovo tour. Se fate una rapida ricerca su Google e affini troverete numerosi articoli in merito, dove si possono leggere parole di elogio e magnificenza verso l’artista britannico. Anche io avrei tanto voluto esserci: sebbene non abbia mai assistito ad un suo live, il rincaro dei prezzi dei biglietti che stiamo subendo qui in Italia mi ha fatto desistere. Però non è l’unico motivo perché la stessa sera, al Santeria Toscana 31, si esibiva Daði Freyr. In confronto, su di lui non c’è proprio nulla in Internet per quanto riguarda la sua scappatella a Milano – anzi, molto probabilmente questo articolo è il primo link che avete trovato. Eppure è strano perché con la sua Think About Things – presentata per l’Eurovision Song Contest 2020 – è stata una delle canzoni più ascoltate (e apprezzate) qui in Italia e nel resto dell’Europa. Effettivamente – senza nulla togliere al bellissimo Santeria – la location scelta è piuttosto piccola rispetto alle altre date del suo tour. Nonostante il giorno infame – mi chiedo perché di lunedì bisogna organizzare un concerto – mi presento al locale alle 20:30, giusto in tempo per vedere la mezz’ora di esibizione di Toucan. Non avevo sentito nulla del repertorio del cantautore irlandese, ma grazie solo alla propria voce e alla propria chitarra (più una seconda suonata da un accompagnatore) è riuscito a rasserenare l’ambiente, coinvolgendo allo stesso tempo il pubblico facendolo cantare in alcuni spezzoni. Non passa inosservato, invece, la grande faccia gonfiabile di Daði posta dietro al piccolo palco, oltre alla serie di luci a neon attorno ad essa. L’intuito mi suggerisce che sarà tutto molto colorato ed esplosivo, proprio come la sua musica dance-pop. Finalmente, con una timida e pacata entrata in scena, Daði prende posto sul palco, insieme ad altri due musicisti, e saluta il pubblico italiano. Partenza in crescendo con Thank You per acclimatare i presenti e, al termine del primo brano, il “grattacielo” islandese inizia a scherzare con tutti. Sarà uno dei punti cardine della serata e ve lo spiego con alcuni episodi in ordine sparso: Saluta calorosamente una bambina in prima fila, sulle spalle del proprio padre; Prende in mano lo smartphone di una persona e inizia a farsi un video; Tenta di mettere mano sulla strumentazione della propria fonica, a lato del palco; Sfodera alcune pose scherzose e provocanti; Dice di aver bevuto un cappuccino dopo le 11:00 in una caffetteria; Ruba un secondo telefono e tenta di infilarselo nei pantaloni; Regala battute e perle di saggezza tra una pausa e l’altra. Insomma, quello che mi trovo davanti è un Daði Freyr pronto a scatenarsi e a divertirsi genuinamente con noi spettatori. E la scaletta prosegue con un ritmo scattante con canzoni quali Where We Wanna Be, Sometimes, Moves to Make, 10 Years e I’m Fine, senza dimenticare Skiptir ekki máli (unica canzone in islandese che io ricordi del concerto). Con una velocità impressionante arriviamo proprio a Think About Things a chiudere il tutto. Ma la sorpresa arriva con il “bis” perché, senza conoscere una parola d’italiano, inizia a cantare Gente di Mare di Umberto Tozzi e Raf, chiaramente con un foglio davanti a sé con il testo stampato. Dove lui sbaglia chiaramente parole, il pubblico risponde incoraggiandolo e cantando: il suo sforzo di farsi amico i milanesi è più che apprezzato e, anzi, è un chiaro segnale delle dell’amore verso la musica di Daði. Senza nulla togliere a James Blake, sono stato ben felice di essermi goduto Daði Freyr dal vivo. Ci vuole più “gente di mare” come lui nel mondo per rallegrare le nostre vite. Le bellissime foto sono di Ilaria Maiorino, le potete trovare qui. Luca Basso
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